Esiste una leggenda che sfocia probabilmente in una vera favola tramandata di voce in voce per anni. Essa narra di un manipolo di templari che di ritorno dalle battaglie in Terrasanta, portarono nel loro convento un notevole tesoro al quale oltre chè al suo valore monetario era attribuito un immenso valore religioso: si trattava difatti del calice contenente il sangue di Cristo trafitto sulla croce. Custodito per secoli da un prete (che faceva Gianni di nome) e dai suoi successori "teste nere" ora era nelle mani dei manaci guerrieri che trovarono come luogo sicuro per la sua custodia la mansione di Cotrébbia Vecchia ed a difesa di questo immenso tesoro eressero i castelli di Calendasco e Sant'Imento.
Una tale preziosità non potè non essere soggetta agli occhi dei briganti che tentarono inutilmente più volte di impadronirsene. Un giorno Uter Kaspat, un monaco di origine sassone, fù decapitato perchè si rifiutò di rivelare il nascondiglio del calice hai suoi rapitori.
Il corpo e la sua testa furono ritrovati dagli altri frati che li portarono al monastero dove, in presenza del calice, furono sottoposti ad una cerimonia che li fece magicamente ricongiungere ridonando vita al malcapitato Uter. Da allora egli riuscì a capire il linguaggio degli uccelli e dei fiori.
L'inestinabile bene non sarebbe però rimasto lì a lungo: venne trafugato da un'armata di mercenari giunti dall'oltrepò e guidata da un certo Percivalli. Fù così che da allora iniziò il declino della locale potenza monacale, che lasciò ai nostri tempi i nomi di località come Molino dei Frati, Incrociata, Tempio di Sopra e di Sotto e diversi castelli già citati e diverse torri.
Commenti
Posta un commento